Pandolce Genovese


Tradizionale dolce natalizio di Genova, ormai è noto in tutta Italia e fa parte su molte tavole dei Piatti del Natale Italiano.
Non chiamatelo panettone, primo perché sbagliereste e secondo perché i Genovesi non ve lo perdonerebbero mai.
Lo vendono pronto, anche perché prepararlo in casa è molto lungo … ma chissà … magari qualcuno vorrà cimentarsi con questo dolce natalizio dalla Storia antichissima.

Più che una storia è una leggenda che vede protagonista l’onnipresente Doge Andrea Doria. Si dice che avesse indetto un concorso tra pasticceri per realizzare un dolce opulento ma che si conservasse a lungo e che venne creato questo delizioso pane dolce.

A me piace molto la “cerimonia” casalinga che avveniva sino a una cinquantina di anni fa  quando il pandolce arrivava in tavola.
Al centro il dolce aveva una rametto di alloro che, come si sa, è una pianta simbolo di fortuna e benessere.
A Genova, anticamente, a Natale non si addobbava  un abete ma un ramo d’alloro che veniva appeso accanto alla porta di casa ornato utilizzando frutta fresca, secca, nastri e gingilli.
Torniamo al rametto al centro del Pandolce.
Veniva tolto dal più giovane maschio della famiglia mentre il più anziano tagliava il pandolce e ne metteva da parte una fetta che veniva conservata sino al 3 febbraio, quando veniva donata donata al primo mendicante o viandante che avesse varcato la soglia.

Una precisazione doverosa … il vero Pandolce genovese è alto … quello basso non è affatto, come molti credono, “antico” …. il Pandolce è sempre stato alto.
Quella dell’antico è una leggenda metropolitana … in realtà fu un’idea di marketing nata negli anni 50 su iniziativa di un’industria dolciaria Genovese.
Venne chiamato “Antico” per attirare ingenui compratori inclini a preferire cibi  “atavici”.
Vi ho deluso lo so, ma non credo che per questo smetterete di mangiare il pandolce basso se vi piace.

Ingredienti
– Farina Manitoba 200 grammi
– Lievito naturale attivo (lo trovate dal vostro fornaio di fiducia) 65 grammi
– Acqua a temperatura ambiente 100 ml
– Farina 00 300 grammi
– Acqua di fiori d’arancio mezzo bicchiere
– Burro 125 grammi
– Zucchero semolato 125 grammi
– Sale fino 1 pizzico
– Uva sultanina 50 grammi
– Marsala secco mezzo bicchiere da tavola
– Scorza di arancia candita 50 grammi
– Pinoli 50 grammi

Impastate a mano o nell’impastatrice la farina Manitoba, il lievito e l’acqua e, quando avrete ottenuto una pasta elastica e morbida, mettetela a lievitare in luogo tiepido a temperatura costante e coperta da un panno umido per 12 ore.

Nel frattempo mettete l’uva sultanina a rinvenire nel vino Marsala.

Prendete la pasta lievitata ed aggiungete impastando con cura la farina 00, l’acqua di fiori d’arancio, il burro che avrete fuso a bagnomaria, lo zucchero ed il sale.

Quando la pasta sarà ben omogenea e morbida unite l’uva sultanina strizzata ed asciugata in un canovaccio, la frutta candita e tagliata a dadini ed i pinoli.
Fate riposare la pasta per altre 12 ore sempre in luogo tiepido a temperatura costante e coperta da un panno asciutto. Il forno spento è ideale.

Quindi praticate due o tre tagli non molto profondi sulla superficie della palla che avrete forgiato e mettete a cuocere in una teglia a bordi molto alti ed imburrata in forno preriscaldato a 200°C per 15 minuti.

Senza aprire il forno abbassate la temperatura a 185°C e fate cuocere per altri 45 minuti.

Fate raffreddare nella teglia e, quando sarà freddo, potrete estrarlo e servirlo tagliato a spicchi.

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