L’aceto balsamico di Modena IGP

Alcuni storici dicono che sia nato dalla Saba o Sapa, un dolcificante a base di mosto usato ancora oggi, che fu “dimenticata” e ritrovata solo quando aveva già iniziato ad acetificarsi.
Fu un Monaco, tale Donizone, vissuto tra il X e l’XI secolo, a parlare per primo dell’aceto balsamico con una testimonianza scritta pervenuta ai giorni nostri.
Ma l’aceto balsamico si ha certezza fosse conosciuto già in Grecia al tempo delle Città Stato e che fosse apprezzato durante l’epoca imperiale Romana.
Il suo uso infatti risulta descritto nel ricettario “De re coquinaria” di Apicio.

Dopo la caduta dell’Impero l’aceto balsamico finì nel dimenticatoio … meno che a Modena.
Fu così che nel 1046 Enrico III di Francia di passaggio a Piacenza andando a Roma per la sua  incoronazione ad Imperatore, ricevette in dono da Bonifacio di Canossa (il padre della più celebre Matilde) quell’aceto che Enrico definì “famoso aceto che si prepara nella luminosa rocca di Canossa“.
Quel nettare, non si sa come divenne produzione “principe” di Modena e Reggio Emilia ma il cronista Antonio Vallisnieri ci dice che, già nel 1228, Obizzo II, signore di Ferrara, Modena e Reggio Emilia conservasse botti di aceto balsamico.
Ma il termine “balsamico” apparve solo nel 1747 ad opera di magazzinieri dell’epoca che così lo classificarono nell’inventario della cantina ducale di Modena.

L’appellativo di balsamico gli viene dalle sue accertate virtù terapeutiche.
Lucrezia Borgia lo utilizzò nel 1508 durante il parto.
Nel corso della pestilenza del 1630 venne usato come “preservativo al contagio” con gargarismi o bevendolo e contro “l’ammorbamento dell’aria” bruciandolo nei camini.
Giaocchino Rossini lo usò per vincere, con successo, lo scorbuto che lo affliggeva da tempo.
Isabella Gonzaga e Giacomo Casanova lo utilizzavano come afrodisiaco.

Nel 1933 venne data la prima autorizzazione ministeriale a produrre “l’Aceto Balsamico del Modenese”.
Nel 1965, con Decreto del Presidente della Repubblica, venne legalizzata definitivamente la dicitura “Aceto Balsamico di Modena” e ne vennero fissate le “Caratteristiche di composizione e modalità di preparazione dell’Aceto Balsamico di Modena”.

Il Consorzio Aceto Balsamico di Modena da anni impegnato a conseguire la registrazione quale I.G.P. (Indicazione Geografica Protetta) ha visto la vittoria il 3 luglio del 2009.

Secondo i consigli del Consorzio Tutela Aceto Balsamico di Modena dovete fare attenzione all’etichetta
:
a) La presenza della denominazione completa “Aceto Balsamico di Modena”, eventualmente affiancata dalla traduzione nella lingua del Paese di commercializzazione. L’errata denominazione o la presenza esclusiva di alcuni elementi, come I termini “balsamico” o “Modena”, sono significativi di un prodotto imitativo.

b) La presenza della dicitura “Indicazione Geografica Protetta” o dell’acronimo “IGP”.

c) La presenza del logo giallo e blu dell’Indicazione Geografica Protetta. Solamente per le etichette in bianco e nero è consentito l’utilizzo del logo degli stessi colori.
d) Alla denominazione “Aceto Balsamico di Modena IGP” in etichetta può essere affiancata la dicitura “Invecchiato”, solo per i prodotti la cui permanenza nelle botti o nei tini di legno è stata superiore ai tre anni.



Queste le indicazioni del Consorzio alle quali aggiungo che sull’etichetta deve essere presente questo Marchio



Esiste poi un altro tipo di limitata produzione di aceto balsamico ed è “Aceto balsamico tradizionale di Modena” una DOP da grandi occasioni, destinata ad un pubblico esigente e reperibile raramente.
Quindi ripeto … 
occhio alle etichette!



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