Il nome è stato dato da Jean-Baptiste Lamarck, (1744 – 1829), naturalista, zoologo, botanico ed enciclopedista francese noto soprattutto per aver introdotto a fine 1700 il termine “biologia” ed aver creato la prima teoria dell’evoluzione degli organismi viventi basata sull’adattamento e sull’ereditarietà dei caratteri acquisiti, conosciuta appunto come “lamarckismo”.

Ma cos’è questo Mytilus galloprovincialis? Un “casanova” della provincia? No … è semplicemente il comune “mitilo mediterraneo” che in Italia ha tantissimi nomi.
COZZA in Italiano ed in Meridione, dal latino cochleam, ossia chiocciola;
MOSCIOLO ad Ancona e provincia;
MUSCOLO in Liguria e nelle province toscane di Massa-Carrara, Lucca e Pisa. Muscolo deriva dal latino musculus, dal quale hanno avuto origine anche il tedesco Muscheln, l’inglese mussels, il francese moules, il portoghese mexilhão, il catalano musclos, l’olandese mosselen, il danese muslinger e lo svedese musslor;
PEOCIO in Veneto dal termine dialettale che significa pidocchio come il PEDOLO Friulano.
Il nesso con pidocchio nasce dal fatto che le cozze si diffondono velocemente come i parassiti da cui prendono il nome.
La cozza allo stato naturale è praticamente ovunque, quindi non solo nel Mediterraneo come il nostro mytilus galloprovincialis, ma in tutti i luoghi marini ove si trovino scogli, sia emersi che sommersi.
E’ stata naturalizzata in Giappone, California, Sudafrica, Australia meridionale e Nuova Zelanda.
Ma in queste zone è considerata invasiva e quindi dannosa per gli ecosistemi tanto che viene classificata come appartenente ad una delle 100 specie animali più dannose.
Nel Mediterraneo invece e lo sappiamo bene, le cozze sono molto apprezzate e quindi allevate in centinaia di vivai

oltre che essere ricercate ed ambite quando selvatiche.

Le varietà Italiane di cozze
Cozza di Trieste
Tipica del Golfo del Friuli Venezia Giulia, dove le cozze vengono allevate dal 1732 con un sistema di filari lunghi un centinaio di metri e vengono raccolte dopo circa 10-14 mesi, quando i gusci raggiungono un minimo di 6 centimetri di lunghezza. E’ delicata e sapida, perfetta in guazzetto o per i brodetti di pesce tipici locali.
Cozza di Scardovari Dop
E’ l’unica Dop italiana. La sua zona è Porto Tolle, provincia di Rovigo dove le cozze vengono allevate nella Sacca di Scardovari a sud del delta del Po. Viene raccolta quando i gusci raggiungono un minimo di 5 centimetri e, curiosamente, benché esternamente più piccola di quella di Trieste ha la polpa più grande e carnosa. Di sapore dolce è perfetta per i risotti e per la tipica pasta e fagioli con le cozze.
Cozza adriatica
La regina delle coste venete ed emiliano romagnole. La sua commercializzazione copre l’80% del mercato Italiano. I gusci possono arrivare a 10 centimetri di lunghezza specie per quelle cresciute vicino agli impianti di estrazione del metano. Curioso eh? Succosa e saporita è ideale per condimenti di pasta, sautée, antipasti ed insalate di mare.
Mosciolo selvatico di Portonovo
Della Provincia di Ancona, nota anche come “cozza selvaggia”, è un prodotto di eccellenza che si riproduce naturalmente sugli scogli sommersi di fronte al promontorio del Conero. Viene raccolta a mano dai pescatori che si servono della “moscioliniera”, una lunga pertica dai denti ricurvi che stacca le conchiglie raschiando gli scogli. E’ Presidio Slow Food.
Cozza del Golfo di Napoli e del Litorale Flegreo
Se dico ‘mpepata di cozze a che località pensate? Ecco, appunto … ed eccola qui la cozza la cui coltivazione si perde nella notte dei tempi … ancora prima della colonizzazione Greca con il picco di livello di produzione iniziato ai tempi della dominazione Angioina nel XIII Secolo. Sapida, dolciastra con un retrogusto amaro è la regina della mitica ‘mpepata ma anche degli spaghetti con il pomodorino e della tradizionale zuppa del Giovedi Santo.
Cozza tarantina
Per me la cozza delle regine e la regina delle cozze un tempo denominata “l’oro di Taranto”.
Allevata nel Mar Piccolo, una laguna costiera a nord di Taranto dove si incontrano correnti di acqua dolce e salata, ha taglia piccola, polpa rosea carnosa e saporita. Ideale per le cozze gratinate o arraganate, da riempire con uovo e pangrattato oppure arricchire con un tocco di arancia e zenzero.
Cozza salentina
La sua zona è la Baia di Castro, provincia di Lecce, dove si trovano ben 34 “citri” ovvero sorgenti sottomarine di acqua dolce. Ha un sapore fortemente iodato con retrogusto dolciastro e consistenza soffice. Perfetta ovviamente con i piatti pugliesi quali le orecchiette integrali in guazzetto dove troviamo anche vongole, lupini ed agretti. Una meraviglia assolutamente da provare.
Cozza pelosa di Puglia
Eccola dunque la vistosa cozza della sottospecie Modiolus barbatus tipica delle coste baresi e di poche altre zone dell’Adriatico. Prettamente selvatica, ha guscio di colore marrone-rossastro e ricoperto da una sorta di peluria. Ma attenzione! Non consumatela cruda come molti esaltano perchè è pochissimo sicura, ma gustatela tradizionalmente con l’inarrivabile “riso patate e cozze”.
Cozza di Olbia
Recente come varietà (arrivata solo attorno al 1920 da Trieste e da Taranto) ha assunto un gusto particolare per le acque di allevamento del Golfo di Olbia il cui plancton ha caratteristiche particolari.
Informazioni alimentari
Le cozze mediterranee contengono ogni 100 grammi: 58 calorie, ferro 5,8 mg, un’alta percentuale di acidi grassi polinsaturi, tra cui l’acido eicosapentaenoico e l’acido docosaesaenoico e pochi acidi grassi saturi rispetto ad altri cibi di origine animale. Hanno un’alta percentuale di sostanze antiossidanti, come il selenio e la vitamina E.
E’ fortemente sconsigliato mangiarle crude, non va bene nemmeno se condite con succo di limone. Che quest’ultimo uccida i batteri è totalmente falso, dato che per eliminarli tutti servirebbero diverse ore, persino giorni.
Si rischiano quindi tifo, paratifo, colera, Norovirus ed epatite virale.
Vanno pulite alla perfezione e, quando cotte, bisogna consumare solo quelle che si sono aperte perchè il calore, penetrando all’interno delle valve, uccide i batteri.
In cucina vengono gratinate, fatte ripiene, cucinate alla marinara ovvero saltate e fatte aprire in pentola con olio, prezzemolo, aglio e pepe, vengono utilizzate per la preparazione di sughi per la pasta.
Da sole daranno origine alla tipica pasta “con ile cozze”, bianche o con il pomodoro; se invece sono associate ad altri frutti di mare ecco la pasta “alla marinara” (in bianco) o “alla pescatora” (con il pomodoro).
Esistono poi ricette speciali quali risotti e piatti regionali specifici … ad esempio la “pasta, patate e cozze”.
La stagionalità della cozza mediterranea va da maggio a settembre: luglio ed agosto sono dunque i mesi ideali per assaporarla.
Come riconoscere i maschi dalle femmine? E’ semplicissimo. La polpa arancione è quella della femmina quella gialla è del maschio.
Le femmine sono più saporite. Tzè!
E ora chiariamo il significato di questa etichetta che trovate spesso anche con la dicitura “Allevate in Grecia”

NON è una truffa e NON è nemmeno un errore.
Abbiamo visto che il “mytilus galloprovincialis” è la cozza mediterranea, per cui dal punto di vista genetico non c’è differenza tra Italiana, Spagnola e Greca …
Come si sa la cozza si nutre filtrando l’acqua dalla quale ottiene il plancton.
Il “sapore” del mare si trasferisce quindi alla cozza.
Quindi, se si prende una cozza spagnola o una greca e si trasferisce in Sardegna cosa succede?
Ricerche scientifiche e quindi certificate hanno dimostrato che, se si trasferisce anche adulta in acque di un altro Paese e si reimmerge per almeno 28 giorni in quelle acque, il Mytilus galloprovincialis assume il gusto del mare “adottivo” e diventa così identico per gusto e salinità ad una cozza cresciuta esclusivamente in quelle acque.
‘Mpepata di cozze (Campania)
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