A Torino nel 1680 regnava, a causa del padre deceduto prematuramente, il giovane Duca Vittorio Amedeo II di Savoia
Nato nel 1666 era gracile e malaticcio tanto che per cercare di risolvere il grave problema si era arrivati persino a preghiere speciali alla Sacra Sindone (esposta per un anno intero) e ad organizzare pellegrinaggi da tutto il Regno.
Vittorio Amedeo soffriva di gravi disturbi intestinali tra cui la gastroenterite batterica.
Nel 1675 la madre incaricò il Medico di Corte, Don Baldo Pecchio, di trovare un rimedio.
Pecchio stabilì che si trattava di un’intossicazione alimentare proveniente dal pane che conteneva un enorme numero di germi patogeni intestinali.
Questo perché il pane all’epoca era malcotto e quindi risultava umido e dimora ottimale per tali germi.
Nota extra: A proposito … vi consiglio questa lettura:
Come riconoscere un buon pane
Lo stesso Medico aveva sofferto da bambino di questo disturbo ed era guarito grazie a sua madre che gli preparava del pane con poca mollica, croccante e ben cotto.
Quindi Pecchio si rivolse al cuoco di Corte Antonio Brunero e gli commissionò la preparazione di una pane simile a quello che lui aveva mangiato da bambino.
Il pane tipico dell’epoca era una grossa pagnotta di forma allungata chiamata ghersa a cui oggi é molto simile la biova piemontese.
Il pane italiano, tipi e varietà (A – B)
Il cuoco altro non fece che creare, con la pasta della ghersa, delle strisce sottili e lunghe che poi fece cuocere come biscotti.
Nacque così il ghersin, un bastoncino di pane ben cotto, anzi bis-cotto, contenente praticamente quasi niente acqua, friabile, senza mollica e croccante.
La sua nascita é ricordata in una targa storica.
Per qualche anno il ghersin fu a solo uso alimentare dei Nobili (si dice che Napoleone ne fosse ghiottissimo) ma, come tutto, alla fine arrivò al Popolo che ne fece praticamente il pane nazionale piemontese.
Da lì … il ghersin ha fatto talmente tanta strada che ora appare sulle tavole di mezzo Mondo anche scopiazzato (ad esempio troviamo i rosquilletas Spagnoli, i Cinesi 面功 mein gon, gli Statunitensi breadsticks).
I grissini tradizionali sono quindi Piemontesti (e tutelati) e si presentano in due varietà:
- Il robatà (pronuncia rubatà che vuol dire caduto per via della tecnica che usa il Panificatore per rendere compatto l’impasto lasciandoli cadere dalla mani sul tavolo di stiramento) e tipici della Langhe e della zona di Chieri.
- Lo stirato con impasto più morbido e fatto anche a macchina
Dall’originale ricetta che prevede solo acqua, farina, sale e olio oggi lo troviamo realizzato in decine di varianti: al rosmarino, alle olive, al sesamo, al peperoncino, alle noci, allo zafferano, al cumino …
Personalmente ne sono straghiotta … a voi piacciono?
Breve Storia del pane
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Il pane italiano, tipi e varietà (A – B)
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La piadina (storia)
Piadina romagnola (ricetta)
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2 risposte a “I grissini (storia)”
Ma chi non adora i grissini, specialmente i torinesi croccanti, che come le ciliegie uno tira l’altro, io li conosco sin dalla culla, dato che la mia famiglia è tutta di origine piemontese, è sulla tavola non mancavano mai! Mi ha evocato con questo artico bei ricordi. Complimenti
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Ciao Lidia! Magari a qualcuno non piacciono …
Sono contenta di averti fatto tornare bambina. La Cucina ha anche questa caratteristica magica …
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